Cos’hanno in comune Crotone, Verona, Lazio e Benevento? Tutte e quattro hanno pareggiato contro la Juventus, tutte e quattro per 1-1 e tutte e quattro affrontando una formazione bianconera dai due volti. Essi non giungono per forza nello stesso ordine, anzi si alternano di gara in gara sebbene la percezione finale rimanga la stessa: la squadra di Pirlo non è ancora pronta. Pronta per vincere in ogni situazione, contro qualsiasi avversario, tanto da apparire abituata ad una comfort zone da doppio vantaggio che non può sempre ripetersi. Il campanello d’allarme inizia a suonare e sarebbe potuto divenire campana se Morata non avesse spinto il 2-1 nella porta del Ferencvaros, salvando Pirlo dalle critiche e archiviando gli ottavi di Champions. Critiche che, tuttavia, si spostano ad oggi nel post-Benevento, squadra abile ad ingabbiare la partita nella ripresa dopo che, nel primo tempo, sarebbe potuta capitolare sotto i colpi di Dybala e Ramsey.
La scarsa precisione sotto porta è un’altra costante di questo avvio di stagione, la stessa che permette alla Lazio di restare in gara dopo il primo tempo dominato di due giornate fa. Ora la palla passa a Pirlo, ma il tempo delle analisi lucide è già finito. Servono i fat<ti in casa Juventus, dove il condizionale necessariamente lascia spazio all’imperativo del risultato.

Juventus, Pirlo ma non solo: crescere insieme è la chiave
In molti si saranno cullati su un avvio di gara spumeggiante, con Morata capace di colpire il Benevento al primo pallone giocabile. Venti minuti ben giocati, proseguiti con altre due palle gol. Ciò non rappresenta il classico alibi – da tifoso – de “la Juventus ha creato di più”, anzi. Il pari segnato da Letizia ha smascherato l’altra faccia bianconera, quella incapace di restare con i nervi saldi a dispetto delle provocazioni avversarie e troppo morbida in zona gol. Si registra un’altra occasionissima di Morata, vero, ma ancor di più le parole di Pirlo. A fine gara, il tecnico ha dichiarato di allenare una squadra “non ancora in grado di capire i momenti della partita”. Un’ammissione di colpa che dipende da diversi fattori, di cui solo il primo è rappresentato dalla scarsa esperienza dell’allenatore.
Per la prima volta nella storia della Juventus non è la squadra a dover crescere grazie al tecnico, ma entrambe a doverlo fare di pari passo. Tuttavia, sdoganare l’arma dello sbagliando s’impara in ogni singolo frangente non deve far cadere nel teatrino dell’alibi, per non rimpiangere nulla a fine stagione. La Juventus è nella parte alta della classifica a trenta giornate dalla fine, praticamente un intero campionato. Con meno certezze del solito, però, sul quale il tecnico dovrà inevitabilmente intervenire. Ma senza dimenticare l’importanza dell’aiuto dei senatori, parsi spaesati nel calderone del Vigorito ed oggi, più che mai, parte attiva della Vecchia Signora.