Fare un passo indietro, spesso permette di farne due in avanti. Basterebbe un semplice concetto per capire che gli ideologismi rischiano di diventare un muro invalicabile costruito con le proprie mani, senza però ricevere un risultato cospicuo. Ecco perché avere la lucidità di capire quando sia arrivato il momento di cambiare, non rappresenta un venire meno alla propria identità, ma sta a significare una polivalenza utile al raggiungimento del proprio obiettivo. In questo senso Massimiliano Allegri, allenatore della Juventus, seppur sia considerato da sempre un aziendalista rigido, legato essenzialmente al risultato finale, non si è mai proferito contro l’estetica del calcio giocato, dimostrando in alcuni contesti di saper adattare l’identikit della squadra alle qualità dei suoi calciatori.

Juventus, è arrivato il momento di cambiare? Perin dà conferma
La stagione 2021/22 non è stata solamente quella legata al ritorno di Max Allegri sulla panchina della Juventus, ma è stata soprattutto l’annata che non ha portato in dote nessun trofeo dopo 11 anni. Uno smacco troppo importante per chi nell’ultimo decennio ha espresso, a tratti, un’egemonia devastante. Nonostante la rosa, sulla carta, sembrasse poter aspirare a risultati competitivi, sono stati diversi i fattori che hanno contribuito in maniera negativa. Tra di questi risulta emblematico un dato statistico rilevante: la formazione juventina lo scorso anno si è equivalsa come undicesimo attacco del campionato. Un difetto alquanto decisivo per far parte della lotta al vertice.
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Poca qualità, intesa effimera e difficoltà nella costruzione: la squadra dello scorso anno ha ben spesso presentato limiti nella costruzione di un’azione, nella capacità di saper sorprendere le difese avversarie, senza assoli provenienti dai propri campioni. Questo aspetto potrebbe far pendere verso una Juventus più dinamica e piacevole sotto il profilo tecnico? Una domanda alla quale Mattia Perin, intervistato ai microfoni di Gazzetta.it, ha provato a specificare: “Stiamo lavorando per assimilare la costruzione da dietro. C’è disponibilità da parte di tutti i ragazzi nel voler migliorare e avere più sinergia. A tutti noi piacerebbe giocare cosi. Allegri ci ha dato la priorità di migliorare sotto questo aspetto, una necessità per alzare il nostro livello”.

Juventus, Allegri punta al calcio offensivo? I precedenti
Le dichiarazioni del secondo portiere sembrano essere abbastanza eloquenti e chiare riguardo le dinamiche osservate dallo staff della Juventus. Le richieste di Allegri sarebbero quelle di migliorare sotto il profilo tecnico-tattico, con la soluzione di arrivare con più frequenza ed incisività nella trequarti campo avversaria. Il punto cruciale sarebbe rappresentato dalla costruzione dal basso, concetto da sempre poco inerme alle squadre del tecnico toscano, ma che nel calcio attuale rappresenterebbe una nozione base che permette di opporsi al pressing offensivo operato da parte degli avversari. Questo in sintesi garantirebbe una manovra più fluida e dinamica, in un calcio in cui anche le piccole realtà oramai sfidano a viso aperto le big, motivo che impone alla Vecchia Signora il dovere di farsi trovare pronta.
D’altronde non è una novità dare una svolta tattica, o infondere principi di gioco differenti. Basti pensare che al suo primo anno juventino, stagione 2014/15, quando Allegri ad un certo punto della stagione decise di schierare la sua squadra con un modulo, il 4-3-1-2, affidando le chiavi del gioco ad un centrocampo spaventoso in termini di qualità. La scelto comportò la rinuncia ad una più solida difesa a 3, tanto cara e vincente nelle annate precedenti.
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Discorso pressoché simile durante la stagione 2016/17, quando anche in quel contesto, l’allenatore livornese decise di tramutare in corso d’opera la propria squadra modificandone l’identikit di gioco. Il 4-2-3-1, caratterizzato dalla presenza delle cinque stelle a carattere offensivo come Pjanic, Mandzukic, Dybala, Cuadrado e Higuain, sembrò essere una mossa fin troppo offensiva per poter reggere la legge dell’equilibrio tattico. Una soluzione che, però, consolidò l’intesa e permise di sfoderare al meglio le qualità dei suoi calciatori, guadagnando così l’opportunità alla Juventus, attraverso prestazioni meritevoli, di giocare la seconda finale di Champions League in 3 anni.