I discorsi, le discussioni e i voli più o meno pindarici per cercare di capire le strategie e le scelte di Allegri non si fermano di certo durante la pausa del campionato. Due i punti focali dal quale parte e possibilmente termina ogni dibattito sulla Juventus: nessuno dei tre allenatori che si sono succeduti nelle ultime tre stagioni è riuscito a garantire un gioco identitario e delle prestazioni convincenti e in secondo luogo il livello della rosa bianconera. Se sul primo punto la risposta – per sganciarsi da un’analisi ostica e complessa – potrebbe essere il poco tempo concesso a Sarri e Pirlo, con Allegri che ha l’intero gruppo a disposizione solo da fine agosto, sul secondo punto si può già essere più leggeri. Per alcuni la rosa a disposizione del tecnico livornese è di primissimo livello, per altri non è così ma il ritardo in classifica, -14 dalla vetta, non è comunque giustificabile. Allegri e la società hanno sicuramente le loro colpe, ma in campo finiscono i giocatori e alcuni di loro hanno deluso in modo oggettivo le attese.
Rabiot, alla ricerca di sé stesso

Forse sbagliano i tifosi e l’allenatore di turno ad aspettarsi tanto dal centrocampista francese. Ci si ripete che questa sarà la sua stagione, ma puntuale come un’orologio a fine stagione il bilancio è negativo. Vero anche che l’orologio rotto segna l’ora giusta due volte al giorno e su quelle due volte poi si inizia a credere che qualcosa possa cambiare. Adrien Rabiot il suo spazio continuerà ad averlo, almeno fino a quando resterà in bianconero dato che è l’unico della rosa a poter ricoprire il ruolo di mezz’ala sinistra pura. Il suo impatto però non è che sia negativo, è totalmente nullo. Nella sfida contro la Fiorentina, giocata da titolare, ha terminato la partita come penultimo per palloni toccati. Poi ci sarebbero i discorsi sull’alto ingaggio, quei 7 milioni netti che puntualmente vengono vomitati dai tifosi. Il contratto del francese scade nel 2023, adesso non ci si può più nascondere come in partita: il futuro dovrà essere affrontato al più presto.
Morata, la solitudine del numero 9

Il romanzo calcistico ha sempre provato a dare conforto e raccontare in tanti modi la solitudine del numero 1, del portiere ma nella Juventus di Allegri il più solo sembra essere Alvaro Morata, visto che Szczesny, grazie alla difesa bassa, si trova sempre più vicini i due centrali difensivi di turno. Lo spagnolo a fine anno terminerà il suo prestito durato due anni con la maglia bianconera per tornare a Madrid, a meno di un inaspettato riscatto. La cifra, 35 milioni, richiede un esborso finanziario importante. Allegri lo ha voluto fortemente e dati i precedenti tra i due non poteva essere altrimenti. Il bilancio fino ad ora non è esaltante: tantissime partite giocate per mancanza di alternative e pochi gol, alcune volte è stata inconsistente anche la prestazione nel complessivo. Alvaro non è un 9 classico e fa fatica a giocare spalle alla porta; in più i tanti problemi fisici mai recuperati del tutto lo hanno limitato. Morata ha bisogno di ritrovare la sua forma migliore anche perché quando inizia a segnare non si ferma almeno per due mesi e ha bisogno assolutamente di sentire la fiducia totale di tutto l’ambiente. Non sarà facile essere riconfermato.
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Kean, prima o poi ma quando?

Moise Kean è ancora fermo per un problema muscolare ma fino a fine ottobre ha raccolto solo tre maglie da titolare. Due soli gol e l’impressione che Allegri non sia molto convinto del classe 2000. L’attenuante potrebbe essere il ritorno al ruolo di centravanti dopo le esperienze all’Everton e al PSG come esterno. Dopo la sosta sarà di nuovo a disposizione e di sicuro le occasioni per mettersi in mostra le avrà. In fin dei conti, la Juventus con lui ha attuato un progetto a lunga scadenza: prestito biennale e obbligo di riscatto a 38 milioni. Il tempo c’è ma, come il vento, non si può fermare.
Kulusevski, giovane incompreso

L’investimento effettuato 1 anno e mezzo è stato importante ma adesso non è ritenuto un intoccabile. Solo due presenze dal primo minuto per l’esterno svedese che non si è mai imposto, neanche a partita in corso con i suoi strappi ad alta velocità e le grandi doti tecniche a disposizione. La rete decisiva nella partita di San Pietroburgo non può e non deve bastare. Forse Allegri dovrebbe slegarlo un po’ di più e concedergli più libertà ma la società bianconera da Kulusevski si aspetta tanto, perché tantissimo ha da dare e i margini di crescita sono comunque ampi.