“Da un grande potere derivano grandi responsabilità”; una frase epica, simbolica, ampiamente attribuita a Ben Parker, lo “zio Ben” per Peter, colui che poi, nell’omonimo fumetto, diverrà il celeberrimo supereroe “Spiderman”. Curioso è il fatto che lo stesso Ben all’interno del fumetto abbia solo due righe; poche ma buone. In effetti, rispecchiano la realtà: dal momento in cui si viene investiti di un particolare potere, qualsiasi esso sia, ci si trova in una posizione superiore rispetto alla massa, come dire, l’onere e l’onore. Difficile da scrivere, lo testimonia lo stesso Allegri, ma Szczesny, in un solo anno dal suo arrivo alla Juventus, è stato investito di un importante potere che ha saputo gestire con cura e fermezza. Max Weber, sociologo tedesco, vissuto a cavallo tra il XIX e il XX secolo, parla di potere carismatico tra i cosiddetti tre tipi di potere da lui teorizzati.

Parliamo di quel potere nelle mani di uno specifico soggetto considerato in un qualche modo speciale in virtù di qualità a lui riconosciute. Quest’ultime non devono essere per forza di cose sovrannaturali, possono anche essere qualità insite o caratteristiche proprie. Wojciech Szczesny è approdato alla Juventus nell’ormai lontano 2017, 5 anni fa. Una gavetta sotto l’ala di un gigante come Gianluigi Buffon, il suo “zio Gigi”, l’ha portato, ad oggi, ad essere l’indiscusso numero 1 bianconero, padrone della porta. Il suo potere? Quello stemma sul petto che, al contempo, porta grandi responsabilità. Tutto torna, un ragazzo divenuto uomo tra Arsenal, Roma e la stessa Vecchia Signora, elogiato per il suo pragmatismo, che vuole concludere la sua carriera all’ombra della Mole Antonelliana. Quest’oggi, quella stessa carriera in bianconero la vogliamo raccontare.
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Szczesny, le caratteristiche di un predestinato
Lo chiamano Tek per evidenti motivi di comodità, un soprannome che nasce dalla corretta pronuncia del suo nome: “Wojtech”. Un nickname semplice ma efficace, proprio come il polacco tra i pali, non sempre spettacolare, ma bravo nel posizionarsi e nei fondamentali come il tuffo. Leader nato, dotato di una grande reattività, fin dalle sue estati romane è ricordato come una vera e propria istituzione. I più tecnici lo riconoscono come meno elastico rispetto ad un tempo, colpa degli anni che avanzano? Può essere, ma forse invece è solo l’esperienza e il numero 1 della Juventus pare così più pragmatico, più concreto, DNA bianconero. Nel gioco con i piedi non è da meno, non è un regista puro, questo va riconosciuto, comprende però in sé una serie di caratteristiche che lo identificano come un portiere completo, moderno, una sicurezza grande 195 cm.
Szczesny è un nuovo giocatore della Juventus, ma non ditelo a nessuno
19 giugno 2017, “Wojciech Szczesny è bianconero. La Juventus ha infatti raggiunto con l’Arsenal un accordo per l’acquisizione, a titolo definitivo, del diritto alle prestazioni sportive del portiere polacco classe 1990”, così scrive la stessa società torinese nel suo sito ufficiale. Il nuovo numero 23 arriva dai Gunners per una cifra intorno ai 12,1 milioni di euro, con il senno di poi lo definiremo un affare, certo, condizionato dal fatto che il polacco e gli inglesi sono legati ancora per un solo anno. Sta di fatto, però, che è un acquisto che passa un po’ in sordina. Cosa si può pretendere, quell’estate arrivano alla Juventus giocatori del calibro di Matuidi, Douglas Costa e Bernardeschi.
Alcuni di loro hanno sicuramente meno fortuna nella propria avventura in bianconero rispetto allo stesso Tek, ma sicuramente al momento sono acquisti più forti a livello mediatico. Forse però a lui va bene così. La squadra di Allegri è reduce dalla sconfitta in finale di Champions League contro il Real Madrid, per 4-1, a Cardiff. Nel calciomercato lasciano Dani Alves e Bonucci, clamoroso il suo passaggio al Milan, e la Vecchia Signora pare una polveriera pronta ad esplodere. Serve calma e sangue freddo, simbolico quindi l’inserimento del polacco: caratteristica centrale di Szczesny, infatti, è sempre stata quella di essere dedito al lavoro e disposto al sacrificio per crescere. Poche parole, tanti fatti.
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Quello stesso anno ricopre, infatti, formalmente il ruolo di “12° uomo”, non mancano però gli esordi in bianconero sia in campionato contro il Chievo Verona, sia in Champions League contro l’Olympiakos, entrambi senza subire reti. Riserva chiamata in causa in non poche occasioni, batte, a gennaio 2018,, per gli amanti dei dati, il record di clean sheet nel minor numero di partite. Leader silenzioso per tutta la stagione, accetta la panchina, dietro una leggenda come Gianluigi Buffon; c’è poco da fare. Egli sa però che gli subentrerà dall’anno successivo e allora, carta e penna, al via le lezioni di stile Juventus.
Perché alla fine dal 23 all’1 cambia poco
Così è, Szczesny, dall’agosto del 2018, diventa il portiere titolare della Juventus, il suo secondo è Mattia Perin. La squadra bianconera da quell’anno in poi onora la volontà di annoverare in squadra, ogni stagione, due portieri di livello, come i top club. Un importante cambiamento, un po’ come quello interno allo spogliatoio. Lascia Gianluigi Buffon, una grande perdita a livello carismatico; ancora presenti, in ogni caso, senatori come Chiellini, Bonucci e Barzagli. Il portiere polacco ora ha la numero 1, formalmente il primo della rosa, non pensiamo abbia mai voluto, né abbia mai sentito l’impellente bisogno di sentirsi tale. Fatto sta, che la porta bianconera ha un nuovo guardiano. Capogruppo senza troppi proclami lo ha dimostrato due anni prima, in maglia giallorossa, dopo una sconfitta della sua Roma contro la sua futura Juventus.

“Tra noi e la Juventus non c’è differenza di qualità, ma di mentalità: in campo dobbiamo comportarci più da uomini e meno da ragazzi”. Parole importanti, con un senso ben preciso: quello di sferzare un ambiente, quello romanista, troppo spesso in balia di sbalzi d’umore e facili (forti) emozioni. Roma non è una piazza come le altre, dietro una storia di tifo caloroso e ottimistico si nascondono una serie di esigenze, perché il tifo giallorosso è così esigente, abituato a campioni che magari hanno lasciato la capitale ma hanno segnato fortemente la società Roma. L’Arsenal gode di una storia centenaria, la Juventus è la più titolata d’Italia, e allora, per Szczesny, squadra che vai responsabilità che trovi e il polacco ha sempre risposto presente. In questa stagione 2018/19, vince la sua prima Supercoppa Italiana e il suo secondo scudetto consecutivo in bianconero, il primo da protagonista perché alla fine dal 23 all’1 cambia poco se non ce l’hai sulle spalle ma nella testa.
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Szczesny è il portiere più forte al mondo
“Alla Roma e alla Juventus, Alisson e Buffon sono stati miei secondi, per questo sono il migliore della storia”, queste le dichiarazioni di Szczesny dopo il ritorno di Buffon in bianconero. Analizziamole subito e raccontiamole attraverso un ragionamento. Inutile girarci intorno, sono parole tanto forti quanto scherzose; il polacco in un’intervista a inizio settembre 2019, con una nuova stagione alle porte, deduce, attraverso un ragionamento logico che si basa sulla sua titolarità alla Roma, nonostante Alisson, miglior portiere del mondo al momento delle dichiarazioni, e su quella alla Juventus, nonostante, quella stessa estate, il ritorno di Buffon, e che conduce all’essere il migliore nel suo ruolo all’interno dell’intero panorama calcistico. Seguiamo questa linea per una considerazione più ampia.

Perché fanno sorridere le sue parole? Perché per diverso tempo il polacco non viene considerato neanche il più forte in Serie A, prendete l’ego (giustificato per quanto smisurato) di Ibrahimovic, l’iconicità mediatica (anch’essa non da meno) di Cristiano Ronaldo, la rudezza nelle dichiarazioni di Materazzi e rovesciatele: avrete un portiere silenzioso, al contempo leader dentro e fuori dal campo, non appariscente ma determinante e attento. Non è un paradosso, Szczesny si è conquistato con il proprio lavoro il rispetto che merita, una rivincita presa per sé stesso, per ricordare a tutti, lui compreso, di cosa è capace. Non è un percorso facile: con l’Arsenal, squadra in cui arrivò a soli 16 anni, vive 5 anni in una montagna russa, alternando buone prestazioni ad appena sufficienti che lo portano ad essere secondo ad Ospina.

Lascia Londra per la capitale italiana e la storia non cambia, considerato dai più troppo discontinuo pare non pronto per un top club. Alla Juventus però cresce e si consacra con Maurizio Sarri. Le annate 2019/2020, con il tecnico ex Napoli e Chelsea, e 2020/2021, con Andrea Pirlo in panchina, gli permetteranno di conquistare il suo terzo scudetto, prima, e la sua seconda Coppa Italia e Supercoppa Italiana dopo. “Ci tengo a ringraziare Tek che mi lascia il posto e mi permette ogni tanto di fare qualche partita, lo ringrazio veramente di cuore” dirà Buffon durante la sua ultima stagione alla Juventus, un attestato di stima sicuramente non da poco. Come affronta però le stagioni amare?

Quando il gioco si fa duro gli Szczesny cominciano a giocare
Quest’ultima non è un’annata tranquilla, né per Szczesny, né per tutta la Juventus in generale. Partire male, a livello di risultati, per poi riprendersi e guadagnarsi il piazzamento in Champions League. Questa stagione per il polacco rappresenta l’intera squadra: le sue prime partite sono a dir poco “horror”, due clamorosi errori alla prima di campionato contro l’Udinese vanificano il doppio vantaggio bianconero condannando Allegri al 2-2. Un errore altrettanto da matita rossa (condiviso con Kean) contro il Napoli determina la vittoria azzurra. Bufera mediatica, inutile a dirsi, sul portiere polacco, tendenza generale quella di organizzare funerali precoci a calciatori fuori forma, Buffon ne sa qualcosa. L’ha combinata grosa, è vero, attenzione però, non ci sono scuse, esistono momenti bui e se Szczesny è davvero bianconero sa che è proprio questo il momento di rialzarsi.

Parlavamo di rivincita, contro il Milan il portiere polacco si rende protagonista di un intervento da applausi su Kalulu, pallone che se non avesse incontrato l’opposizione delle manone sotto i guanti avrebbe determinato la vittoria rossonera. La scalata dall’inferno però è lunga e contro lo Spezia fuori casa è un’istituzione, le sue parate garantiscono la prima vittoria juventina in campionato. Non è da meno contro la Roma quando, all’andata, ipnotizza Veretout dagli 11 metri e al ritorno arriva in purgatorio parando il rigore anche a Lorenzo Pellegrini. Ultimo intervento, ma non per importanza, chiude la porta in faccia a Candreva, anche lui dal dischetto, e impedisce alla Sampdoria di riaprire la partita: eccolo il paradiso.